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Insidie romane per le navi nelle acque libiche

Osservatore attento dalla plancia del Barker, ma non distaccato dalle dinamiche italiane, che continua a seguite e commentare, De Giorgi. Come la decisione del governo di ampliare fino alle acque territoriali libiche la missione di Mare Sicuro per il soccorso ai migranti. 

Un'esibizione muscolare rischiosa? 
«Assolutamente non muscolare, direi doverosa se vogliamo compiere passi concreti verso il ripristino della legalità e della normalità in Libia. Qui non parliamo di mettere presidi militari sul suolo libico, facili obiettivi da colpire per le fazioni avverse all'Italia e ad Al Serraji, ma di restituire alla Libia la sovranità sulle sue acque territoriali, dove oggi si muovono con impunità le organizzazioni criminali, anche con mezzi pesantemente armati. Proteggendo la Marina Libica e la sua guardia costiera compiamo un primo passo importante, per la normalizzazione del Paese. »

Navi italiane insidiate, però... 
«Le insidie non le vedo tanto nelle acque libiche, quanto a Roma, nelle stanze di via XX settembre, sotto forma di catene di comando scollegate dalle esigenze operative, dall'assegnazione di mezzi numericamente insufficienti e da regole d'ingaggio inadeguate». 

Che fare? 
« Io avevo sostenuto che la soluzione più semplice fosse di estendere l'area di operazioni di Mare Sicuro alle acque costiere libiche, mantenendo la stessa catena di comando e lo stesso numero di mezzi (4/5 unità), lasciando ai Capo della Marina la libertà di scegliere di volta in volta il tipo di unità da impiegare in funzione delle esigenze tattiche, ovviamente a parità di budget complessivo». 

Articolo originale su La Nazione del 21/08/2017

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi - Insidie romane per le navi nelle acque libiche