Italiano

Consumo di pesce fresco a tavola, in Italia è record. E non basta per tutti.

Nel primo quadrimestre del 2019 il consumo medio pro capite degli italiani, secondo i dati elaborati dall’associazione “SOS pesce italiano”, è stato di circa 28 kg di pesce all’anno, più alto rispetto alla media europea, ma decisamente basso se confrontato con quello di altre nazioni che hanno un’estensione della costa simile alla nostra, come il Portogallo, il cui consumo è quasi il doppio (60 kg).

Il fattore chiave di questo dato è legato principalmente al cambiamento degli stili di vita: gli italiani infatti comprano sempre meno pesce azzurro e pesce bianco andando invece a preferire un pescato più facile da pulire, da cucinare e senza lische, come polpi (+18,6%), vongole (+25,6%) e seppie (+10,6%). Anche per questo la spesa media annuale (pari a quasi 500 euro) risulterebbe la stessa di circa dieci anni fa secondo l’analisi della Coldiretti su dati Istat.

Negli ultimi 25 anni, mentre la nostra flotta peschereccia perdeva progressivamente pezzi, passando da oltre 18 mila a circa 12.500 imbarcazioni, e i posti di lavoro calavano di 18 mila unità, le importazioni crescevano di pari passo con l’aumento del consumo di pesce (quello importato era il 27% nel 1985, oggi è il 79%). Il pesce pescato nei mari italiani raggiunge oggi la quota di 180 mila tonnellate. Quello importato si attesta invece su 1.069.343 compresi pesci congelati, essiccati e preparazioni, tra questi quello fresco importato arriva a quasi 240 mila tonnellate.

Secondo l’ultimo rapporto FAO la produzione mondiale di pesce, il dato è del 2016 ma la situazione oggi è simile, ha raggiunto un nuovo picco: 171 milioni di tonnellate, di cui 90,9 milioni di catture e 80 milioni in acquacoltura. Inoltre, l’88% della produzione, ossia 151 milioni di tonnellate, è stato destinato al consumo umano diretto, a conferma del ruolo centrale degli esseri umani nello sfruttamento delle risorse ittiche marine e d’acqua dolce.

Nonostante ciò le attività umane legate alla produzione ittica sono ancora lontane da un modello di sviluppo sostenibile. La sostenibilità, infatti, coinvolge ovviamente anche gli oceani ed i mari che coprono quasi tre quarti della superficie terrestre costituendo una componente essenziale per la sopravvivenza del pianeta, motivo questo per cui il tema risulta uno degli argomenti centrali anche dell’Agenda 2030 dell’ONU (l’obiettivo 14, ad esempio, è interamente dedicato a “La Vita sott’Acqua”, al fine di garantire la conservazione e l’utilizzo responsabile delle risorse marine).

Particolare enfasi è posta qui sull’influenza delle attività umane il cui impatto sugli oceani, le riserve ittiche e gli ecosistemi marini ha ripercussioni critiche. La sostenibilità della pesca marittima, infatti, continua a peggiorare: nel 2015, il 33,1% degli stock ittici mondiali è stato pescato a livelli biologicamente insostenibili, una minaccia non solo per la popolazione marina, ma anche per la salute dei fondali e l’equilibrio degli ecosistemi.

Secondo le previsioni della FAO, il consumo di pesce nel 2030 aumenterà del 18% rispetto al 2016. Per far fronte a questa crescente e costante domanda di pesce da parte dei consumatori, e allo stesso tempo per allentare la pressione sugli stock ittici mondiali a disposizione, negli ultimi anni ha ricoperto un ruolo chiave l’acquacoltura. Tra il 2001 e il 2016 i livelli di produzione acquicola sono aumentati a un ritmo annuale pari al 5,8%, costituendo il settore alimentare con il più rapido tasso di crescita al mondo. Nel 2016 la produzione globale di pesce proveniente da acquacoltura ha rappresentato il 53%, superando la pesca come principale fonte di approvvigionamento di prodotti ittici destinati al consumo umano diretto.

Ma anche l’acquacoltura si discosta da un modello auspicabile di sostenibilità se si considera, ad esempio, che circa il 12% della produzione ittica mondiale è utilizzato per produrre farina e olio di pesce, a loro volta impiegati per produrre mangimi per l’acquacoltura.

Principalmente di natura industriale e intensiva, pesca e acquacoltura, infatti, si inseriscono entrambi in un paradigma produttivo orientato soprattutto al profitto a breve termine minacciando seriamente oceani, mari e fauna marina.

Per garantire la sostenibilità delle risorse ittiche a lungo termine potrebbe essere necessario intervenire anche sulle catture accessorie e sugli scarti, considerando che più di un pesce su dieci viene prelevato accidentalmente e scartato a causa della specie di appartenenza o delle dimensioni non adatte per il mercato. La soluzione più efficace potrebbe alla lunga non essere però quella di produrre sempre di più ma di iniziare ad orientare maggiormente le nostre scelte secondo criteri di sostenibilità e di natura etica.

Tutto considerato, le Linee Guida Nazionali per una sana alimentazione suggeriscono il consumo di tre porzioni alla settimana. E la porzione è da 150 grammi: per intendersi, una piccola orata o tre gamberoni. Consumare meno e variare alimenti: il nostro cibo non è infinito. Tanto di più il pesce nei nostri mari.

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

Fonti:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/07/29/il-consumo-di-pesce-in-italia-e-insostenibile-e-la-soluzione-non-e-ridurlo/5351289/

https://www.bimbisaniebelli.it/mamma/dieta-mamma/pesce-azzurro-crollo-dei-consumi-in-italia-79552

https://www.mark-up.it/italia-paesi-alta-spesa-pesce-fresco/

https://www.lapiazzaweb.it/2019/07/consumi-coldiretti-stop-a-pesce-fresco-scatta-fermo-pesca/

https://www.interris.it/italia/a-tavola-senza-pesce-fresco

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi - Consumo di pesce fresco a tavola, in Italia �� record. E non basta per tutti.