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Le due partite libiche

In Libia ci sono due partite in atto.

La prima, tutta italo-italiana, si gioca sul tema elettorale dell’immigrazione, che avrà, insieme a quello della sicurezza in senso lato, un peso determinante sull’esito delle prossime elezioni politiche e sui rapporti di forza all’interno del PD.

La seconda è quella strategica, della difesa dall’interesse nazionale in Libia. E’ appena il caso di notare come le due partite siano intrecciate e si condizionino a vicenda. Il controllo dell’immigrazione andrebbe pertanto inquadrato nel più ampio contesto della normalizzazione della Libia. In quest’ottica si è sviluppata l’azione del Governo, guidata dal Ministro degli Interni Minniti, avviando una serie di iniziative importanti fra cui, la firma di accordi di collaborazione con le Katibe del Fezzan, per la messa in sicurezza dei confini con il Niger.

Il possibile invio di soldati italiani per pattugliare il confine sud della Libia si è vaporizzato immediatamente, appena la Francia, ha fatto capire di non gradire un’eventuale presenza italiana, vicino ai confini del Niger, sua area d’influenza. Nonostante le difficoltà qualche risultato comincia tuttavia a veders.

Per quanto riguarda la situazione della frontiera marittima, dopo l’allontanamento delle Navi di Mare Sicuro, disposto fra luglio e settembre 2016, le acque prospicienti la Libia, prive del controllo delle nostre Navi, erano tornate santuario dei trafficanti di esseri umani, che non rischiavano più l’arresto, né la distruzione dei barconi (recuperati impunemente per essere riutilizzati per altri trasporti).

L’aumento massiccio di morti in mare, conseguenza della minor tempestività dei soccorsi, per l’assenza del naviglio italiano, aveva fatto accorrere numerose le ONG di mezzo mondo, diventate in breve “braccio operativo avanzato” del SAR della Capitaneria di Porto che ne coordinava regolarmente gli interventi (ancorché senza titolo in quanto in un’area al di fuori della sua giurisdizione SAR), dirigendole poi verso i porti italiani per lo sbarco dei naufraghi.

Nel tempo, le navi di alcune ONG si avvicinavano sempre più alle coste libiche e, dal soccorso di naufraghi raccolti in mare o da natanti in procinto di affondare, si è passati in molti casi al semplice trasbordo di migranti direttamente dalle imbarcazioni degli scafisti, spesso nelle vicinanze dal luogo d’imbarco. Dal punto di vista delle ONG (non voglio considerare casi di malafede) si trattava comunque di azioni mirate a sottrarre alla sofferenza dei campi di concentramento nelle mani dei trafficanti, dei disperati in fuga da guerre e miseria. Spegnere l’AIS (automatic identification system), per avvicinarsi alla riva, senza essere visti dalle autorità italiane, doveva apparire ai volontari imbarcati sulle navi delle ONG, un peccato veniale, commesso per una buona causa.

Dal punto di vista italiano si trattava invece di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e in tal senso si sono attivate alcune Procure.

Visti i numeri in continua ascesa e l’orientamento dell’opinione pubblica, il Governo decideva l’inversione di rotta nella sua politica verso il tema immigrazione: dall’accoglienza, come valore assoluto da difendere con cristiana solidarietà, al blocco dell’emigrazione dalla Libia ad ogni costo.

Ad agitare le acque, interveniva nel frattempo Macron, che senza coordinarsi con l’Italia, convocava a Parigi un summit fra Al Serraji e il signore della guerra Haftar. Si trattava di un colpo basso, tirato all’Italia per metterne in discussione il primato in Libia con l’obiettivo strategico di avere libero il campo, per estendere alla Libia (e ai suoi immensi giacimenti di petrolio e di gas naturale) l’area d’influenza francese, costituita dai paesi francofoni dell’Africa Occidentale (Senegal, Niger, Mali, Chad, Gabon) e Nord Occidentale (Marocco, Tunisia, Algeria).

La “provvidenziale” richiesta di Al Serraji di far intervenire le nostre Navi per garantire la sovranità delle acque libiche, proteggendo la guardia Costiera (libica) dalle minacce delle organizzazioni criminali, rimescolava nuovamente le carte, creando un diversivo e un’opportunità di reazione per il Governo italiano, per riprendere l’iniziativa.

La prevedibile reazione di Haftar, giungeva in due tempi: inizialmente minacciando di bombardare le nostre navi; qualche giorno dopo svelando al pubblico che no, non avrebbe bombardato più le nostre navi, anche perché il numero due dell’AISE si sarebbe scusato con lui dicendo che era stato tutto un grande equivoco e che non avremmo dato seguito alla missione appena approvata dal Parlamento, senza il suo benestare. Haftar, raccontando, senza smentite purtroppo, la nostra sottomissione alla sua volontà, tentava di sminuire ulteriormente la forza di Al Sarrajji, e di umiliare l’Italia davanti ai libici e alla comunità internazionale, che, a questo punto, attende di vedere cosa farà davvero l’Italia. Se effettivamente il nostro Governo avesse ordinato alle navi di arretrare e non avesse modificato le regole d’ingaggio per metterle in condizioni di intervenire tempestivamente in caso di bisogno, Haftar avrebbe ottenuto il suo scopo.

Ecco quindi che dopo Macron, anche Putin invita Al Sarraji e Haftar a Mosca per un arbitrato russo. Questa volta Al Sarraji rifiuta l’invito, preferendo rimandare a un successivo incontro con Putin, ma senza Haftar. In ogni caso andrà in Russia, rendendosi conto che deve trovare un’interlocuzione diretta, per evitare di rimanere senza referenti, qualora l’Italia scelga alla fine di accodarsi a Francia e Russia, rinunciando a giocare un ruolo attivo nella vicenda libica.

In molti ambienti ci si illude che pendolando fra gli opposti schieramenti riusciremo a spuntare grandi vantaggi. Come spesso accaduto nella nostra storia, prenderemo invece bastonate dall’uno e dall’altro campo, mentre Russia e Francia che hanno sostenuto Haftar, quando la sua vittoria non era scontata, si accorderanno fra di loro, con noi che faticheremo per essere ammessi, anche solo formalmente, al tavolo di pace (a tal proposito vale la pena di rileggere il primo coro dell’Adelchi ….lettura ancora attuale e forse per questo ancora più dolorosa).  

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

 

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi - Le due partite libiche