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Rotte della plastica

In mare esistono rotte più pericolose di altre. Per alcune di queste il pericolo non è rappresentato dalla forza dei venti o da secche traditrici, ma dalle conseguenze dell’umana imprevidenza: sono le rotte della plastica.

Secondo alcune stime, ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani e vanno a formare delle vere e proprie isole galleggianti composte da detriti, rifiuti inquinanti di vario genere, micro e macro particelle. Pesci ed uccelli inevitabilmente ne rimangono intossicati.

L'oceanografo Nikolai Maximenko e il climatologo Jan Hafner, dell'International Pacific Research Center delle Hawaii, sono intervenuti nel corso di una conferenza sugli effetti dell'inquinamento da plastica organizzata dalla Bio-on, azienda bolognese che di occupa della produzione di polimeri vegetali completamente biodegradabili. I due ricercatori hanno elaborato alcuni modelli matematici realizzati attraverso i dati raccolti da satelliti, mappe delle correnti e boe.

"I rifiuti di plastica – ha spiegato Hafner -  rappresentano  un vettore di diffusione di specie invasive da un continente all'altro, in grado di sopravvivere colonizzando i detriti portati dalle correnti, come è avvenuto dopo lo tsunami del 2011 in Giappone" . Un fenomeno, ingigandito anche dagli uragani, come Irma. «I rifiuti di plastica sono un pericoloso vettore per lo spostamento delle specie da un ambiente marino ad un altro in cui erano totalmente assenti – ha detto Maximenko –. Ad esempio, abbiamo scoperto che alcune specie originarie del Giappone Orientale sono state rinvenute lungo le coste dell’Oregon. Non escludiamo che a portarle fin qui siano stati i detriti dello tsunami del 2011 che ha devastato il Giappone».

La soluzione ci sarebbe già per sostituire le materie plastiche: i polimeri biodegradabili di origine naturale. “Si tratta di un percorso – ha aggiunto il cofondatore di Bio-on Marco Astori – che dovrà impegnare sempre di più scienziati ed aziende e coinvolgere le coscienze delle persone."

Proprio l'azienda bolognese andrà a sostenere nel 2018 le ulteriori ricerche nel Mediterraneo di Maximenko e Hafner.  Il loro apporto conoscitivo è particolarmente importante perché attraverso le loro ricerche sono stati in grado di identificare quali specie “aliene” potrebbero arrivare in una nuova area, con tutti gli impatti sull'ecosistema marino immaginabili, stimandone la probabilità.

Vedi anche: Plastica in mare

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

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