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Game Over Isis: cade l’ultima roccaforte dello stato islamico in Siria

L’annuncio era arrivato a fine gennaio da parte delle forze curde schierate in Siria: “I miliziani sono circondati, e in un mese saranno eliminati”.  Quegli stessi miliziani che soltanto quattro anni fa erano arrivati a controllare un’area di circa 88.000 chilometri quadrati, che andava dalla Siria occidentale all’Iraq orientale, nelle ultime settimane si sono ritrovati ad avere il controllo, invece, di soli settecento metri quadrati. Con il sostegno della coalizione internazionale anti-jihadista guidata dagli Stati Uniti, l’SDF (alleanza di milizie curde), in queste settimane ha completato quell’operazione lanciata il lontano 10 settembre per sconfiggere gli jihadisti nelle loro roccaforti. Una battaglia resa più complicata del previsto a causa dell’uso da parte dell’Isis di nuove tattiche, come l'attivazione di cellule dormienti, il reclutamento segreto di combattenti e alcune operazioni suicide, infine, bombardamenti e omicidi mirati, che stanno giungendo, però, in questi giorni alle battute finali. Una volta completata l’evacuazione delle aree dove si trovavano ancora i civili è iniziata ufficialmente così l’offensiva dell’SDF coadiuvato dalle forze speciali britanniche, statunitensi e francesi.

Così in data 16 febbraio, dopo cinque anni dall’inizio degli scontri nel Paese, è ufficialmente caduta anche l’ultima roccaforte controllata dall’Isis con le forze curdo-siriane sostenute dagli Usa che hanno preso il controllo del villaggio di Baghouz Al-Fawqani, sulla sponda orientale dell’Eufrate in cui da settimane erano asserragliati centinaia di miliziani, in gran parte stranieri (ceceni, russi, ma anche europei), assieme ad un numero imprecisato di civili, molti dei quali mogli e figli dei jihadisti. Parenti, quindi, di quei Foreign fighters che hanno combattuto fino ad oggi per l’Isis e la cui sorte futura sarà tutta da definire: le SDF hanno più volte fatto sapere di non poter trattenere in eterno i combattenti stranieri catturati insieme ai loro cari, d'altra parte, sono pochi i governi occidentali disposti a rimpatriare i loro foreign fighters, anche perché nei confronti di un buon numero di essi, in particolare verso chi non ha preso parte ai combattimenti, sarebbe legalmente difficile formalizzare delle accuse e avviare un processo. La notizia della conquista di Baghouz è stata data dal vicepresidente americano Mike Pence, alla conferenza di Monaco sulla sicurezza. Poco prima fonti curdo-siriane avevano comunicato che i jihadisti, asserragliati nell'ultimo fazzoletto di terra nel sud-est della Siria, stavano usando gli ultimi civili rimasti in città come scudi umani, motivo per cui le battute finali di questo attacco erano state rallentate. Sempre durante la conferenza di Monaco, Pence aveva dichiarato che "Gli Stati Uniti manterranno una forte presenza nella regione" e "continueranno a mettersi sulle tracce dell'Isis, dovunque essi siano e ogni volta che mostreranno il loro lurido volto”.

Si teme ora però che l’area, sotto il controllo dello Stato Islamico fino a poco tempo fa, sia piena di tunnel, ordigni e autobombe, con il rischio quindi che le operazioni militari diventino lunghe, complicate e molto violente, come era già successo nella guerriglia urbana per la riconquista di Mosul, in Iraq. Diverse fonti affermano inoltre che, negli ultimi giorni precedenti la battaglia, alcuni miliziani dello Stato Islamico avevano cercato di mescolarsi tra i civili che stavano lasciando Baghuz nella speranza di non essere catturati dalle SDF o uccisi nei combattimenti. Rimane così attiva la minaccia, secondo fonti militari Usa, che oltre mille jihadisti dell'Isis siano fuggiti dagli ultimi bastioni in Siria verso l'Iraq occidentale negli ultimi sei mesi, portandosi dietro circa 200 milioni di dollari in contanti. Ci sono poi circa "quaranta tonnellate" in lingotti d’oro, ossia il tesoro racimolato dallo Stato Islamico in questi anni nelle zone che controllava in Siria ed Iraq, al quale la Coalizione Internazionale guidata dagli Stati Uniti starebbe, proprio in questi giorni, dando la caccia nell'est siriano. Che l'Isis possa tornare alla guerra asimmetrica, e che la sua imminente e totale disfatta militare non si tradurrà nel breve termine in una cessazione delle minacce poste dal gruppo terroristico, è chiaro a molti. Come hanno osservato diversi analisti, infatti, la riconquista dell’ultimo territorio controllato dall’ISIS in Siria non significa la sconfitta definitiva del gruppo, che ancora oggi opera in diversi paesi del mondo con “affiliati” che hanno giurato fedeltà ad Abu Bakr al Baghdadi. Rimane, infatti, ancora viva quell’ideologia che ha saputo attrarre a sé circa 100 mila iracheni, 40 mila volontari stranieri e decine di migliaia di siriani al fine di combattere sotto la bandiera nera del califfato. Un califfato che, nonostante la più recente sconfitta, ha ancora leader, combattenti, sostenitori e risorse e, come anche alcuni vertici delle forze armate statunitensi affermano, ha bisogno ancora di una costante pressione militare per essere debellato. Resta, inoltre, il mistero sulla sorte di Al Baghdadi: il Califfo, secondo le indiscrezioni del Guardian, sarebbe sopravvissuto, infatti, ad un tentativo di assassinio compiuto da un gruppo di miliziani stranieri della sua stessa organizzazione. Intanto il presidente americano Donald Trump aveva annunciato nelle scorse settimane il ritiro delle truppe americane dalla Siria una volta che lo Stato islamico fosse stato espulso da tutti i territori che ancora controllava in Siria e in Iraq: una mossa questa che promette di cambiare molti degli equilibri nello scacchiere del Paese mediorientale e di aumentare il rischio di vedere nuovamente destabilizzare la zona appena conquistata.

Forte di quei numeri in passato lo Stato Islamico, specialmente in paesi senza un governo centrale e stabile come l’Iraq e la Siria di oggi, aveva saputo riorganizzarsi pur a seguito delle pesanti sconfitte militari subite e continuare la sua azione terroristica, pur perdendo la sua entità territoriale e “disperdendo” le sue attività terroristiche in una maniera più difficile da prevedere nonché più difficile da contenere. Potrebbe questa volta essere diverso?

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi - Game Over Isis