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World Ocean Summit: il futuro degli Oceani dipende dai rifiuti marini

Giunto ormai alla sua sesta edizione, tra il 5 ed il 7 marzo, ad Abu Dhabi si è svolto, davanti a più di 700 partecipanti, tra cui 65 relatori provenienti da oltre 50 paesi, il World Ocean Summit 2019. Tema dell’evento a cui prendono parte governi nazionali, enti sovranazionali, imprenditori e associazioni è stato quest’anno quello di “costruire ponti” che possano mettere in comunicazione governi, aziende, municipalità per promuovere uno sforzo collettivo sia per la tutela del mare sia per uno sviluppo economico della cosiddetta blue economy, cercando di conciliare due parole troppo spesso in contraddizione: sviluppo e sostenibilità. Nei tre giorni si è potuto discutere così dell’importanza vitale che hanno i nostri mari per la sopravvivenza del pianeta, un pianeta che proprio dal mare e dagli oceani dipende.

Un tema che si fa poi particolarmente delicato soprattutto negli Emirati Arabi, dove l’evento ha avuto luogo. Nel paese arabo, situato in mezzo al deserto, a causa di un tasso annuo medio di precipitazioni di circa 100 mm, è in corso una preoccupante riduzione delle riserve di acque sotterranee, che si aggiunge al fatto che l’altro oro, quello nero, provoca un dispendio energetico ed ha un impatto sull’ambiente molto pesante (pari a quasi il 20% dell’energia della regione) per cui, per avere l’acqua potabile necessaria, viene dissalata senza limiti proprio l’acqua del mare, con conseguenti danni anche all'ecosistema marino. Con percentuali importanti di crescita della popolazione nei prossimi anni, gli Emirati sono oggi tra i maggiori consumatori pro capite di acqua al mondo, situazione che aumenterà in futuro e che richiederà per questo un approccio più sensibile proprio verso la tutela di quell’oro blu. I progetti di blu economy, settore che sta attraendo sempre più investimenti in tutto il mondo, negli Emirati sono parecchi, a tal riguardo, ad esempio, è stata messa a punto una “Strategia di sicurezza idrica” che, da qui al 2036, promette di ridurre della metà il consumo medio pro-capite. Molto si sta investendo, inoltre, sia in studi concentrati sulla dissalazione del mare utilizzando l’energia solare, sia sul Cloud Seeding, innovativa tecnica che promette di aumentare la probabilità e l’intensità delle piogge fino anche al 35% al fine di ridare vita alle falde acquifere sotterranee utilizzate per irrigare le coltivazioni e le industrie. Scegliere proprio Abu Dhabi, assolata in mezzo al deserto ed in una delle zone con le acque più calde del pianeta, per ospitare un summit internazionale dove affrontare l’argomento sul futuro dei nostri oceani, sembra assumere un valore simbolico ancora più importante per dare impulso alla riduzione del gap tra le strategie di sviluppo del Paese e la protezione dell’ambiente.

Negli ultimi anni tanti studi e tante proposte hanno visto la luce per evitare che gli oceani continuino a essere considerati la discarica del pianeta. Affinché ciò si realizzi è importante, però, che le diverse associazioni che si occupano dell’ecosistema marino riescano a dialogare maggiormente tra di loro per individuare idee e soluzioni comuni. Anche e soprattutto per questo è stata lanciata durante l’evento la piattaforma “Urban Ocean”, che si ripromette proprio di coinvolgere tutte le organizzazioni, dal nord al sud del pianeta, che si occupano di mare ed oceani, al fine di recuperare la plastica negli oceani, stavolta partendo fin dalle nostre città dove il problema dei rifiuti ha la sua origine principale. Fondamentale è, infatti, il ruolo delle nostre città per migliorare i sistemi di raccolta e gestione dei rifiuti, in mancanza dei quali c’è il rischio, sempre più elevato, che i rifiuti possano, grazie ai fiumi e ai corsi d’acqua nelle vicinanze, finire in mare dove poi diventa più difficile la loro raccolta e lo smaltimento. Lo sforzo collettivo più volte richiesto dai relatori durante l’evento deve, però, coinvolgere tutti gli stakeholders a livello globale, compresi i leader delle amministrazioni cittadine, del mondo accademico, della società civile e del settore privato al fine di sviluppare le migliori pratiche per la riduzione dei rifiuti che, non bloccati prima, inevitabilmente finiscono in mare.

Resta ancora molto da fare per innovare e finanziare un'economia blu sostenibile. Tuttavia, assicurando che l'economia che creiamo sia ricca di opportunità e rappresentativa della miriade di prospettive e comunità che costruiscono le loro vite intorno all'oceano, deve rimanere in prima linea un nuovo modo di pensare su questo argomento. Secondo la New Climate Economy (una partnership globale di istituti di ricerca) importanti investitori impegneranno circa 90 milioni di dollari in infrastrutture oceaniche da oggi ai prossimi 15 anni. Meccanismi di finanziamento innovativi e partnership internazionali sosterranno la maggior parte di questi progetti. Con uno spirito ottimistico stiamo, forse, finalmente passando dalle parole ai fatti. Abbiamo già tecnologie sempre più sofisticate, come l’agricoltura cellulare, l’intelligenza artificiale o i carburanti alternativi. Al World Ocean Summit è stata annunciata, inoltre, la creazione di una nuova Blue Prosperity Coalition, con l’obiettivo di raggiungere l’ambizioso obiettivo di proteggere il 30% degli oceani del mondo. Tale progetto partirà inizialmente in 10 città pilota e si concentrerà sulle zone più impegnate nella lotta all’inquinamento di fiumi e oceani, in particolare Asia e America Latina, per poi raggiungere altre zone del pianeta.

Il 2018 è stato un grande anno per l'oceano in termini di consapevolezza del pubblico, ora è giunto, però, il momento di mobilitare questo interesse ed implementare attivamente le soluzioni adatte per salvaguardare i nostri mari: la prossima generazione avrà un ruolo fondamentale in questo necessario percorso di cambiamento. Tempo è ora, specie dopo il Summit mondiale, che le idee condivise ed il discreto ottimismo osservato durante la tre giorni siano capaci di mobilitare cambiamenti su larga scala che, anche lontano dagli Emirati Arabi, possano perseguire la comune missione di contribuire, noi tutti, agli sforzi globali per salvare i nostri oceani.

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi - World Ocean Summit: il futuro degli Oceani dipende dai rifiuti marini