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ZEE italiane? Se ne discute in Parlamento

Dopo essersi concluso l’iter alla Commissione Affari Esteri della Camera il 13 ottobre, finalmente la proposta di legge A.C. 2313, d’iniziativa della deputata Iolanda Di Stasio ed altri, riguardante l’istituzione di una zona economica esclusiva (ZEE) oltre il limite esterno del mare territoriale, è approdata in Parlamento lo scorso 19 ottobre. Nella relazione introduttiva al provvedimento ne sono stati illustrati tutti i presupposti giuridici contenuti nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) stilata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 2 dicembre 1994, n. 689.

Conclusa questa concisa ma necessaria premessa di carattere “istituzionale” andiamo a vedere perché questa proposta di legge è importante, perché se ne inizia proprio ora l’iter parlamentare e cosa prevede al suo interno.

Innanzitutto si è data finalmente un’accelerata per portare la proposta all’iter parlamentare visto l’aggressività dei nostri vicini e il fatto che, soprattutto nella parte Orientale del Mediterraneo non spirano venti rassicuranti. Ho più volte affrontato su questi canali sia il complicato rapporto tra Turchia e Grecia in seguito alle esplorazioni illegittime dei primi in acque territoriali greche (ne ho parlato qui), sia la vicenda dei nostri pescatori sequestrati (qui) sia anche, in ultima battuta, il pretestuoso atto di forza turco nell’utilizzare le nostre navi per eseguire l’addestramento degli equipaggi della guardia costiera libica (qui): tutti questi avvenimenti sono dei segnali forti che dimostrano come il Mediterraneo oggi più che mai stia vivendo un momento di fortissima tensione ed è necessario che anche l’Italia, ultima tra l’altro rispetto a tutti gli altri paesi che si affacciano sul Mediterraneo, pensi a tutelare maggiormente le proprie acque territoriali e a rafforzare la propria marittimità.

Facendo un passo indietro nella storia, come si legge in un bell’articolo di Analisi Difesa, «nel secolo scorso c’erano le aree dei fondali della Piattaforma Continentale (PC) che l’Unclos considera prolungamento naturale del territorio emerso, normalmente estesa a 200 miglia, appartenente allo Stato costiero ipso iure senza necessità di proclamazione. La nostra legislazione l’ha definita in modo appropriato e i suoi confini sono stati negoziati con ex Iugoslavia, Albania, Grecia, Tunisia e Spagna oltre a concordare con Malta, nel 1970, un modus vivendi di delimitazione a carattere provvisorio e limitato spazialmente entro il breve tratto dei fondali di 200 metri. Poi, dopo il 2000, in Mediterraneo sono cominciate le proclamazioni relative alla colonna d’acqua il cui confine può o meno coincidere con quello del fondale. Prima a titolo di zona di protezione ecologica (ZPE) o di pesca (ZPP), in seguito come Zona economia esclusiva (ZEE), cioè dell’area di diritti funzionali esercitabili dallo Stato costiero, entro il limite delle 200 miglia, per la tutela ambientale e la riserva di pesca»[1].

Ed ecco quindi che con l’avvento del terzo millennio si è andata a delineare una sorta di “corsa alle ZEE” per trovare degli accordi tra gli stati che si affacciano sul Mediterraneo. L’Italia, rispetto agli altri paesi si è sempre mostrata molto più guardinga e ha perseguito una linea diversa nell’ottica della preservazione della libertà dei mari affinché non ci si venisse a trovare nella spiacevole situazione in cui le ZEE potessero essere usate al fine di limitare le forze navali tramite la richiesta di autorizzazioni o notifiche preventive. Ecco perché, coerentemente con questa linea di pensiero, ci siamo limitati come nazione a istituire le Zone di protezione ecologica con la legge 61/2006 e a concordare, poi, nel 2015 con la Francia le frontiere marittime.

Purtroppo, però, questo atteggiamento che ha alla base nobili motivazioni, se letto in seno all’attuale situazione vigente nelle acque del Mediterraneo e, in particolare, del comportamento turco così spregiudicato (per non dire provocatorio e attaccabrighe), potrebbe essere letto come passivo e indolente.

Ecco quindi spiegato il motivo per cui è di fondamentale importanza discutere in Parlamento la proposta di legge A.C. 2313, che si snoda in tre articoli.

  • Nel primo, si autorizza l’istituzione della ZEE oltre al limite esterno del mare territoriale italiano e si determinano i confini «sulla base di accordi con gli Stati il cui territorio è adiacente a quello italiano o lo fronteggia. Nelle more della stipula di detti accordi, i limiti esterni della zona economica esclusiva sono definiti provvisoriamente in modo da non ostacolare o compromettere la conclusione dei summenzionati accordi»[2].
  • Nel secondo si prevede che «all’interno della ZEE l’Italia eserciti i propri diritti sovrani in materia di esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse naturali, biologiche o non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo, anche ai fini di altre attività connesse con l’esplorazione e con lo sfruttamento economico della zona, quali la produzione di energia derivata dall’acqua, dalle correnti e dai venti; giurisdizione, in conformità alla citata Convenzione, relativamente all’installazione e all’utilizzazione di isole artificiali, di impianti e di strutture, alla ricerca scientifica marina, nonché alla protezione e alla preservazione dell'ambiente marino»[3] e che all’interno della ZEE si applichino le norme italiane anche per le navi battenti bandiera straniera.
  • Nel terzo articolo ci si occupa di delineare quali sono i diritti degli altri Stati all’interno della ZEE proclamata dall’Italia, specificando che sono assolutamente salvaguardati sia la libertà di navigazione che di sorvolo, sia la messa in opera di condotte e cavi sottomarini.

L’istituzione di ZEE dunque sarà un passo importante per garantire all’Italia una maggiore sicurezza delle coste e dell’ambiente marino, cercando con esso di dare un impulso concreto per la salvaguardia del mare che è una risorsa così importante per il nostro Paese e fin troppo trascurata. Inoltre, permetterà di regolare in maniera più efficace le attività di pesca fornendo un sicuro vantaggio economico, oltre ad assicurare un maggiore rispetto della nostra sovranità marittima tutelata e difesa dalla Marina Militare.

Porzioni sempre maggiori di mare appartengono agli Stati costieri che vi si affacciano, ma ciò deve essere avvertito come un privilegio e deve condurre a sentire il dovere che abbiamo nei confronti del mare di custodirlo con cura, facendoci anche promotori della cooperazione tra Stati che affacciano sullo stesso mare, cosa che, in questi tempi, si sta rivelando – ahimè – sempre più difficoltosa.

Ammiraglio (a) Giuseppe De Giorgi

 

[1] https://www.analisidifesa.it/2020/10/la-zona-economica-esclusiva-italiana-approda-in-parlamento/

[2] http://documenti.camera.it/leg18/dossier/pdf/ES0225.pdf?_1604050495403

[3] Ibidem.

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi - ZEE italiane? Se ne discute in Parlamento