Italiano

Libia: governo nuovo, vecchi problemi

Venerdì 5 febbraio 2021 è stato eletto il nuovo consiglio presidenziale libico, ma come ormai accade dall’inizio della complessa situazione sorta a partire dalle cosiddette primavere arabe del 2011, niente è andato per il verso giusto. Almeno per i cittadini libici e ma questo non è una sorpresa nemmeno per gli interessi italiani.

L’Onu puntava su due nomi, il ministro dell’Interno Fathi Bashaga insieme ad Aquila Saleh tra i candidati a Presidente del Consiglio. L’elezione però è ricaduta su Mohammad Menfi come Presidente del Consiglio e su Abdul Hamid Dbeibah come Primo Ministro. Sono loro che dovranno, almeno questo è il mandato ufficiale, guidare la Libia fino alle elezioni del prossimo 24 dicembre. Nonostante l’Onu abbia poi ufficialmente salutato con favore questo governo di transizione, non si possono chiudere gli occhi sul fallimento dei candidati favoriti dalle Nazioni Unite e sul fatto che la vittoria sia andata invece a chi strizza l’occhio all’uomo forte della Cirenaica, Haftar, il quale – non a caso – ha commentato tramite il portavoce dell’esercito nazionale libico (LNA) con queste parole: «Il Comando Generale si congratula con le figure nazionali che sono state elette per adempiere alle funzioni di capo del Consiglio presidenziale e capo del governo nazionale. […] I libici sperano di poterli vedere al loro diligente lavoro nel fornire servizi ai cittadini e preparare il Paese alle elezioni generali previste per il 24 dicembre 2021, secondo quello che è stato concordato essere l’inizio del processo democratico, e la costruzione del nuovo stato libico, uno stato di istituzioni e di diritto» [1]. Considerando chi le ha pronunciate, le parole di questa dichiarazione, all’indomani del “Forum di dialogo politico libico” (l’organismo che ha espresso il voto a Ginevra), dovrebbero far scattare qualche campanello d’allarme.

Il presidente Manfi e il suo vice sono entrambi due figure riconducibili a posizioni islamiste. E credo, come si legge nella ricostruzione di Ruvinetti su Formiche.net, che il rischio sia che gli haftariani possano usare a loro favore questa elezione per fare pressioni e muovere di nuovo le armi. «Essendo l’autorità esecutiva priva di figure legate a Tripoli, il rischio evidente è che non ci sia contatto con i partiti/milizia della capitale, ripresentando il problema per cui l’attuale presidente e premier Fayez al Serraj è stato criticato – ossia l’essere ostaggio delle milizie e non essere stato in grado di disarmarle e disarticolarle […]. Poi c’è il problema internazionale: come potrà il nuovo primo ministro Dbeibah raggiungere uno dei principali obiettivi Onu, ossia l’uscita delle forze esterne dal paese, visti i suoi rapporti con Turchia e Russia? Ankara e Mosca, lo sappiamo, hanno milizie rispettivamente in Tripolitania e Cirenaica, che secondo le Nazioni Unite sono uno dei principali fattori di rischio militare in Libia, unito al ruolo degli Emirati, che ha una presenza militare e ha finanziato mercenari sudanesi e ciadiani a combattere per Haftar. Dbeiba, vicino anch’egli a posizioni islamiste, riuscirà ad avere un dialogo con Abu Dhabi che ha fatto dell’anti-islamismo il suo cavallo di battaglia?» [2]. Come è possibile pensare che in questo intricato e complesso muoversi di fattori il popolo libico possa veramente fare passi in avanti verso il raggiungimento di una democrazia reale?

A riprova dell’instabilità e dell’assoluta incertezza della situazione nordafricana (non solo libica), che da questo cambio di governo non sembra averne beneficiato neanche all’apparenza, abbiamo visto negli scorsi giorni riversarsi in mare più di 1500 persone, di cui 1000 dalla sola Libia le quali, in meno di due giorni dalla fine del Forum, si sono messe in mare per abbandonare il proprio Paese o le carceri in cui sono detenute in condizioni di totale violazione dei diritti umani. Per circa 300 di loro non si hanno notizie. Proprio tra il 5 e il 6 febbraio la Ocean Viking, di Sos Mediterranée, ha soccorso 121 persone da un gommone a 30 miglia nautiche da Al Khoms, in maggioranza donne e minori, di cui ben 55 non accompagnati. L’82% di migranti minori sono quelli non accompagnati e pensare che ben 700 di queste persone, come ha reso noto l’Unhcr siano state riportate in Libia è sconvolgente. Anche perché, ricordiamo sempre, che la Libia non è e non può essere considerata un porto sicuro. Se leggiamo le dichiarazioni rilasciate da SOS Mediterranée ci troviamo, ancora una volta, di fronte a racconti di inaudita atrocità: «Un giovane della Guinea ha spiegato al nostro team medico a bordo di essere stato trattenuto in un centro di detenzione in Libia per 9 mesi. Racconta di essere stato picchiato con bastoni di metallo riscaldati. Una delle sue gambe si è fratturata due anni fa. Non ha mai ricevuto cure mediche e la sua gamba è ora deformata. L’altra gamba mostra cicatrici dovute alle violenze subite in Libia» [3]. Torture, mancanza di cibo, di cure mediche di base, violenze (anche sessuali) e sparizioni sono le caratteristiche del “soggiorno” in quelli che non possono essere chiamati campi profughi perché sono dei veri e propri centri detentivi, dei lager contemporanee.

Anche l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) ha chiesto a gran voce, all’indomani di questi rimpatri, che venga smantellato il sistema di detenzione arbitraria e che siano con urgenza fornite delle alternative sicure e praticabili [4]. Nonostante, dunque, i diversi tentativi per cercare di dare una stabilità alla Libia, nei fatti siamo dei semplici spettatori di questo orrendo massacro di migranti africani che – lo sappiamo benissimo – una volta riportati in Libia entrano in un tunnel da cui difficilmente riusciranno a uscire.

Ammiraglio (a) Giuseppe De Giorgi

[1] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2021/02/06/libia-portavoce-haftar-congratulazioni-per-nuovo-esecutivo_7d43396c-3e9d-4ed7-89ee-7878640b8371.html

[2] https://formiche.net/2021/02/libia-onu-instabilita-ruvinetti/

[3] https://www.avvenire.it/attualita/pagine/libia-nuovo-governo-e-vecchi-ricatti-centinaia-di-persone-in-mare-mentre-l-onu-denuncia-gli-abusi-sui-migranti

[4] https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/oim-300-migranti-riportati-in-libia-dalla-guardia-costiera_28430115-202102k.shtml

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi - Libia: governo nuovo, vecchi problemi