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Le profondità del mare sono Patrimonio dell'Umanità

Alcuni spazi marini non sono soggetti a sovranità territoriale, ma sono definiti Patrimonio Comune dell’Umanità (PCU). Si tratta di luoghi la cui gestione è affidata ai rappresentanti di tutti gli Stati, in cui vige il divieto di appropriazione pubblica o privata e l’obbligo di preservazione per le generazioni future.

Tali zone sono l’Antartide, l’Artide, l’alto mare, le aree di mare non costiere con i loro fondali e lo spazio extra atmosferico: esse appartengono a ogni essere umano. 

Si è provato a disciplinare la situazione di queste aree tramite alcune legislazioni (ad esempio il Trattato Antartico del 1961 o la Convezione sul Diritto del Mare del 1982), ma la loro applicazione è sempre meno frequente.

Le grandi potenze interpretano i principi di tutela come un’autorizzazione a sfruttare queste lande; gli altri Paesi, invece, ne danno un’interpretazione più ampia, che consenta loro di essere coinvolti nei processi decisionali. Al momento la soluzione migliore sembra essere quella di permettere lo sviluppo delle zone PCU: in questo modo, infatti, verrebbe soddisfatta la domanda di risorse e, al contempo, verrebbe vietato l’utilizzo della forza consentendo a tutti gli esseri umani di partecipare attivamente alla loro gestione