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In Libia si gioca la nuova partita tra USA e Russia per il Mediterraneo

Il primo intervento armato da parte degli Stati Uniti in Libia contro un campo jihadista situato a circa 240 chilometri dalla città di Sirte utilizzato come deposito di armi si era svolto il 25 settembre, neanche due mesi dopo il vice segretario di stato Usa John Sullivan incontrava a Tunisi il primo ministro libico Fayez al-Sarraj “per ribadire la partnership degli Stati Uniti con la Libia e il governo dell'accordo nazionale, nonché l'impegno degli Usa ad aiutare il popolo libico a realizzare un futuro più stabile, unitario e prospero”. Nonostante, sino ad oggi, non ci sia ancora una linea precisa da parte della Casa Bianca per la Libia è innegabile che si stia assistendo proprio in questi mesi ad una serie di circostanze, interne ed esterne al Paese, che contribuiscono a ridefinire la stessa posizione di Donald Trump sull’argomento a seguito del crescente ruolo di Mosca sia verso la stabilizzazione del paese africano sia nella lotta contro l’ISIS. Rimane, infatti, da parte del Pentagono la convinzione che le forze russe, in totale sintonia operativa con i Pasdaran iraniani e gli Hezbollah libanesi, ostacolino l'azione delle forze che in Siria e in Iraq stanno operando per smantellare le ultime sacche di resistenza dei miliziani dell'Isis (in particolare i curdi siriani delle Ypg). Fino ad oggi gli Stati Uniti di Trump hanno dimostrato di voler restare al minimo del coinvolgimento, in contrasto invece con l’amministrazione precedente, che era stata sponsor insieme all’Europa, e soprattutto all’Italia, dell’insediamento a Tripoli di un premier sotto egida ONU, con l’obiettivo di riunificare il paese. Per Trump la Libia è una questione soprattutto di guerra al terrorismo: la Casa Bianca sa che il territorio libico, nonostante la caduta della roccaforte di Sirte, è ancora base di baghdadisti dispersi in clandestinità, ed è frequentato da altre sigle collegate al terrorismo internazionale.

Dal recente viaggio del ministro dell’interno Minniti in USA per illustrare a Washington la strategia italiana per quel che riguarda il controllo dell’immigrazione mediterranea, è poi risultato come gli Stati Uniti considerino di grande importanza le azioni politiche intraprese fino ad oggi dall’Italia per stabilizzare il territorio libico e la conseguente volontà americana di fare affidamento sull’Italia come paese “imprescindibile per la sfida strategica del Mediterraneo” anche nella lotta contro il terrorismo, evitando così che la Libia diventi la nuova base dell’ISIS sfruttando i flussi migratori per colpire l’Europa: i servizi di intelligence USA hanno stimato, infatti, che in Iraq e Siria ci siano tra 25.000 e 30.000 foreign fighter desiderosi, con il collasso militare del Califfato, di tornare a casa anche attraverso la fuga attraverso i vari flussi migratori. La posizione americana, con la volontà di tenere aperta Guantanamo, rimane inflessibile proprio sull’argomento dei foreign fighters catturati (per esempio dalle Siryan Democratic Forces sostenute dagli Usa) con la richiesta agli alleati di fare ognuno la parte che gli spetta riprendendosi, quantomeno, i fighters natii. La sfida cruciale del Pentagono è quella di evitare che tra i migranti possano nascondersi pericolosi terroristi in fuga dalle zone di guerra dopo il crollo del sedicente Stato islamico.

In cima alle preoccupazioni dei membri del Congresso americano però, oltre alla pervasività dei gruppi terroristici e dal fenomeno dei flussi migratori già esplicitati, si attesta l’ingresso della Russia nelle complicate dinamiche di potere tra gruppi e milizie che si contendono la supremazia sul vasto territorio libico. Non è, infatti, una novità che le forze militari e l’intelligence di Mosca cerchino un ruolo sempre più attivo nell’area del conflitto, né si può escludere l’ipotesi della fornitura di armi alla fazione di Haftar, così come la possibilità dell’invio di istruttori per preparare le milizie in loco. La Libia potrebbe diventare così la via prescelta dalla Russia per il Mediterraneo occidentale, senza considerare gli innumerevoli risvolti geopolitici relativi al mondo dell’energia e l’accesso al Sahel.

La Libia è entrata nel grande gioco per il riassetto delle sfere d’influenza tra Usa Russia e Francia nel Mediterraneo e in Medio Oriente. Pedine di questo gioco Fayez al Sarraj e il generale Khalifa Haftar sostenuto da Mosca e degli egiziani che sembrano così aver consolidato il loro asse (cui si aggiunge la Siria di Assad, l’Iraq, fornitore di petrolio degli egiziani al posto dei sauditi, e l’Iran, alleato di Damasco, di Baghdad e di Mosca).

Nonostante le manifestazioni di amicizia fra la Russia e il governo di Haftar però, sia Washington sia Mosca in questo momento stanno tenendo aperte tutte le opzioni. Hanno ormai compreso come Haftar non sia coì forte come vorrebbe far credere e ritengono poco probabile che, senza un deciso aiuto esterno, possa effettivamente raggiungere il pieno controllo dell’intero Paese. È ovvio che, vista l’importanza politica, militare e, soprattutto, energetica della Libia, tanto la Russia quanto l’America abbiano maturato una visione strategica di lungo periodo sul Paese e non vogliano sbilanciarsi troppo fra Haftar e al-Serraj per non rischiare di puntare sul cavallo sbagliato. E’ inoltre verosimile che il destino della Libia rientri in un gioco più ampio che include l’estremo oriente, il mar della Cina, la Corea etc., partita in cui si inserisce anche se con minor forza la Francia per quanto riguarda l’Africa. A complicare ulteriormente la stabilità del Mediterraneo sta entrando nel vivo la competizione per le zone economiche esclusive del Mediterraneo orientale, da cui la Turchia vorrebbe escludere l’Italia.

In Libia, ma non solo, si gioca quindi una partita molto importante per il nostro Paese, i cui interessi sono stretti fra un’Europa a trazione Francese (spesso in concorrenza con l’Italia su numerosi dossier), gli interessi delle superpotenze e le rivendicazioni della Turchia neo-ottomana di Erdogan. 

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi

Ammiraglio Giuseppe De Giorgi - Libia: USA e Russia per il Mediterraneo